INTERVISTA # A CHRISTIAN ANTONINI – CONOSCIAMO L’AUTORE.

BUON POMERIGGIO CARE PARTICELLE LETTRICI!

Finalmente dopo tanto tempo sono qui a parlarvi di Christian Antonini, con le domande che gli ho posto dopo aver letto praticamente tutti i suoi libri, mi manca soltanto Fuorigioco a Berlino che conto di recuperare quanto prima. Detto questo, come non parlarvi di questo autore e dei suoi libri? Come non “svelare” dei piccoli segreti su di lui a tutti voi lettori? Se siete curiosi dei suoi libri ne ho parlato qui:
Una lettera coi codini: Recensione
I ribelli di Giugno: Recensione
Le parole nel vento: Recensione
Il cacciatore di nubi: Recensione

Vi lascio alla bella intervista e alle bellissime risposte che mi sono state fornite. Ci sarà un po’ da leggere, spero vi piacerà e vi intratterrà!

1. Christian Antonini, autore di tanti libri per giovani ragazzi, non conquista solo i più piccoli ma riesce a toccare delicatamente il cuore di tutti. Cosa ti ispira in tutto questo? C’è sempre la bambina coi codini dietro ogni tuo lavoro? Testi le tue letture prima su di lei?

Scrivere a 360° - con Christian Antonini - Ad un trattoSofia, mia figlia, è spesso un punto di riferimento e con lei parlo delle mie storie, anche perché è spesso
dietro le mie spalle quando scrivo al computer oppure quando annoto nei miei quaderni. Sfoglia i libri che prendo in biblioteca e spulcia i miei ritagli. Ha una curiosità vorace ed onnivora (e sono molto felice di questo). Tuttavia non collaudo su di lei le mie storie. A volte le dico cosa succede, cosa mi ha dato lo
slancio. E lei, spesso, si incuriosisce. A ispirarmi non è propriamente lei, ma la sua curiosità e il modo in
cui una bambina guarda il mondo (ha nove anni e mezzo, ora). Cerco di capire cosa coglie lei e come, di
sintonizzarmi sulla sua prospettiva, ecco. La mia editor (la bravissima Barbara Gozzi, possa la sua penna
restar sempre affilata) mi dice spesso di immaginare di raccontare le mie storie a una bambina o a un
bambino, guardandolo negli occhi e cogliendo quello che comprende. Un buon metodo per tarare la
scrittura, per fortuna poi lei interviene ad aiutarmi.

2. Ogni volume si contraddistingue per la particolare peculiarità di utilizzare dei personaggi storici che
non vengono riportati su i libri di testo ma che, a loro modo, hanno fatto qualcosa di importante. Come nasce questo meccanismo? Cosa ti affascina di tutti i personaggi di cui hai scritto? E qual è il tuo preferito fra quelli di cui hai scritto fino ad ora?

Si tratta di una conseguenza. Quello che mi colpisce è la vicenda, la storia, e la possibilità di raccontarla
in un libro per ragazzi o un racconto. Da qui, poi, esce l’esigenza di conoscere e raccontare un
personaggio più o meno storico e il contesto (di eventi e persone) in cui si è svolta la sua vita. Spesso la
tenacia, l’ingegno oppure il percorso di crescita di un personaggio mi affascinano. In questo periodo mi
piacciono particolarmente le storie di persone che riescono a cambiare la propria vita partendo da
condizioni e situazioni apparentemente “bloccanti”. Mi piacciono le scelte importanti, fondanti, quelle che
ti cambiano. Sono tanti i personaggi che mi piacciono. Pancho Villa è uno di questi: omone burbero,
pistolero, ladro di bestiame, guerrigliero e governatore, praticamente analfabeta, ha fondato cinquanta
scuole in Messico. E ogni volta che i suoi soldati conquistavano una città, faceva radunare tutti i liquori in
piazza e li versava per terra: i suoi guerriglieri erano liberatori, non saccheggiatori, quindi voleva evitare
che si ubriacassero. Mi piace molto anche Bessie Coleman, di cui ho parlato in un racconto per il
sussidiario scolastico di Giunti: è stata la prima donna nera a diventare pilota acrobatica. E poi… be’, poi
c’è il Comandante Von Muller dell’Emden. Un corsaro gentiluomo, un ufficiale prussiano, un uomo
capace di combattere una guerra senza perdere la propria umanità. Tutta gente che ha fatto scelte
importanti e che ha preso nelle proprie mani la vita.

ProposteDiLettura: I ribelli di giugno di Christian Antonini | Moony  Witcher…il blog!3. Riallacciandoci al discorso dei personaggi storici, c’è qualcuno che ti ha colpito più di altri e che ti ha sempre ispirato? C’è qualcuno che ti ha fatto dire, avrei voluto farlo io?

I personaggi storici, da Pancho Villa al comandante dell’Emden di Il cacciatore di nubi, fanno tutti cose davvero enormi. Li ho ammirati molto per la loro umanità (Pancho Villa era quasi analfabeta, ma innamorato del cinema, per esempio). Mi hanno colpito molto le bibliotecarie a cavallo de Le parole nel
vento. Persone reali, donne e ragazze come milioni di altre, che però facevano una cosa fantastica, portare i libri a cavallo in giro per le colline del Kentucky, nel 1935. E poi c’è Aristides de Sousa Mendes, il console portoghese che ha salvato più di diecimila ebrei. Ma questi sono personaggi enormi. Devo dire che ammiro però la scelta di un personaggio non storico. In Fuorigioco a Berlino c’è un padre, un capitano della polizia, che viola tutte le regole a cui dovrebbe ubbidire per il bene di sua figlia. Ecco… spero che, se un giorno dovesse presentarsi una situazione analoga, vorrei avere la sua stessa forza.


E comunque anche guidare un treno a vapore lanciato per il deserto del Messico come in Una lettera coi
codini oppure comandare un incrociatore corsaro come ha fatto davvero Von Muller sono cose molto in
alto nella mia lista di cose da fare.

4. Quando decidi di scrivere una nuova storia, in quale modo decidi di lasciarti trascinare dal personaggio e cosa ti cattura in loro? In che modo decidi di basarti per il loro carattere e per il personaggio protagonista – e ragazzo – da affiancargli? Quanto studio c’è dietro tutto questo?

three assorted-color horses standing on green grassLo studio è fondamentale. Si tratta della vita di persone esistite davvero e credo sia una cosa che si possa raccontare solo portandole molto rispetto. E questo significa documentarsi. Quindi cerco libri su di loro e su quello che hanno fatto, faccio ricerche in biblioteca oppure online, guardo video e documentari e, se possibile, parlo con persone che ne sanno più di me. A catturarmi è un gesto, un comportamento, la personalità, il modo di reagire di fronte agli eventi. Mi piacciono le grandi scelte, i punti di svolta e i bivi. Mi piace quando una persona prende in mano la propria vita e sterza. Cerco di ricreare la loro personalità basandomi su quello che trovo, ma è chiaro che, a un certo punto, deve intervenire l’invenzione. I personaggi protagonisti – bambine o adolescenti – vengono “costruiti” per portare avanti la storia, quindi devono avere in sé le risorse a superare gli ostacoli, magari scoprendo queste risorse attraverso la conoscenza con i personaggi storici. Oppure per reazione o effetto diretto, magari perché ispirati. In fondo si tratta di un “gioco di ruolo”: devo immaginare cosa farebbe un personaggio in una data situazione, ma anche cosa dovrebbe fare per arrivare all’effetto di cui ho bisogno per portare avanti o risolvere la vicenda. E sì, serve molto studio e molta preparazione.

5. Nelle varie storie sono stati utilizzati tanti mezzi di trasporto differenti: dal treno in “Una lettera coi
codini”, alla nave ne “Il cacciatore di nubi” ai cavalli in “Le parole nel vento”. Qual è il tuo mezzo di
trasporto preferito? E’ stato difficile sentirsi a bordo di una vecchia nave da guerra o a bordo di un vecchio treno?

Tra tutti quelli di cui ho parlato il preferito è il cavallo, non c’è dubbio. Molti anni fa ho fatto molti
trekking in sella, in giro per i monti della Valsassina, oppure in Sicilia e quelle esperienze mi sono rimaste
dentro. Per la nave da guerra o il vecchio treno la cosa è stata diversa, non ci sono mai stato davvero, non
nel ruolo dei miei personaggi, però era importante che io sapessi cosa descrivere e cosa raccontare e
quindi mi sono documentato molto. Una parte di questo mestiere che mi piace molto. Ho parlato con
amici, letto molto, fatto ricerche… e ho scoperto mondi nuovi. Comunque, detto tra noi, la primavera prossima esce un mio nuovo romanzo con un “mezzo di trasporto” che sicuramente batterebbe tutti gli altri nella mia graduatoria: un grosso rettile alato e sputafuoco, di nome Aivarthiss e sulla sua groppa c’è Arvis, una principessa guerriera.

Il cacciatore di nubi - Christian Antonini - Libro - Piemme - One shot | IBS6. Il cacciatore di nubi, la tua ultima pubblicazione porta con sé un personaggio molto più difficile rispetto ai precedenti: viziato, svogliato, pigro. Ma porta con sé anche un legame famigliare padre-figlio difficile e incompreso dal figlio che pensa di non valere granché agli occhi di suo padre. Quanto l’affetto e la stima dei nostri genitori influisce su ciò che diventeremo e ciò che sogniamo di diventare? Quanto ha influito sulla struttura di questo personaggio, il legame con i tuoi famigliari? E quanto ha influito nel costruire Tristan?

Tristan è molto diverso da me e la sua storia è estremamente differente dalla mia. Ho sempre avuto un ottimo legame con la mia famiglia, quindi non mi sono ispirato al mio vissuto per questo libro. Invece mi sono documentato tanto e ho fatto “gioco di ruolo”, immaginandomi quali potessero essere le motivazioni e le leve di un personaggio simile. La stima e l’affetto dei genitori – che sono figure di riferimento – sono fondamentale nella formazione di un nuovo essere umano. Madri e padri sono sempre l’esempio su cui si forma la personalità e il comportamento dei figli. Tanto nel bene quanto nel male.

7. Quale sensazione provi nel tornare bambino/ragazzo in ogni storia che scrivi? Ti immedesimi un po’ nei tuoi protagonisti? Quanto di te c’è in loro?

Be’, mi piacciono le storie e mi piacciono i contrasti, quindi mi diverte molto immaginare le vite di questi
personaggi e trovo molto stimolante pensare a come agirebbero e reagirebbero nelle mie storie. Di mio
hanno indiscutibilmente il motore delle loro azioni. E con il tempo ho imparato anche a lasciarli sbagliare.
Perché le persone vere commettono errori, su più piani. Ecco, devono farlo anche i personaggi. Io sbaglio,
spesso, come tutti. Lo fanno anche loro. Poi in tutti loro c’è un pizzico di me. Leonard di Fuorigioco a Berlino ha il gioco di guardare le nuvole, Marian de I ribelli di giugno ha la passione per le storie, Lucy-May di Le parole nel vento si interessa di parole e Tristan… be’, lui scopre un nuovo mondo andando avanti nella sua vita.

Christian Antonini - Giunti8. Per chi ti segue assiduamente o per chi non lo sapesse, c’è tantissimo lavoro da parte tua all’interno delle scuole per portare e far conoscere le tue letture. Quanto questa conoscenza e il contatto con questa realtà ti aiuta a migliorare nella scrittura? Cosa speri di trasmettere ai giovani lettori di oggi? Cosa vorresti che apprendessero da queste letture?

In realtà io non sono un autore con un messaggio. Io voglio solo raccontare storie. Possibilmente quelle
che mi colpiscono e che mi piacciono. Non sta a me entrare nelle scuole e insegnare qualcosa o
trasmettere messaggi. Poi, certo, spesso i miei personaggi hanno valori che possono essere presi a
esempio, ma non sta a me dire quali e come farlo. Certo, mi piacerebbe suscitare curiosità e un po’ di
stupore per questo mondo e la sua storia che, alla fine, è fatta da gente normale, come noi. In quanto
all’apprendere, incontrare lettrici e lettori è sempre importante, come momento di confronto, e per
mantenere il contatto con il pubblico e gli insegnanti. Spero di poterlo fare ancora. Una cosa che ho
imparato? Le lettrici e i lettori che incontro a scuola sono molto più sgamati e pronti di quanto insegnanti,
genitori e, a volte, editori, possano pensare. Continuare a trattarli come sciocchi incapaci di capire la vita,
è sbagliato. Edulcorare per loro le storie, quando poi a casa hanno la famiglia che va in pezzi a colpi di
piatti contro i muri, oppure la guerra in TV, è davvero sciocco. Anche rivolgersi a loro con un linguaggio
volutamente “basso” è un errore. Non si cresce percorrendo sempre strade note e facili, si cresce facendo
qualcosa di nuovo, fosse anche andare a cercare sul vocabolario una parola che non si conosce.

Christian Antonini - Giunti9. Per finire, e ti ringrazio per il tempo che hai dedicato a queste domande, ci sono dei progetti o delle novità che bollono in pentola? Hai intenzione, prima o poi, di affacciarti in un panorama per adulti o preferisci mantenerti in una sorta di confort zone? So che non si può dire molto in questi casi ma qualunque cosa vorrai dirci sarà ben apprezzata.

La narrativa per ragazzi non è una confort zone per me, al contrario, è un’arena ricca di sfide, richiede competenza e attenzione, molto lavoro, con metodo e cura; raccontare di qualunque cosa, da un lutto a
una guerra, passando per una storia d’amore o un contrasto tra amici, tenendo alto l’interesse del lettore senza sbagliare il registro dei dialoghi o il modo di raccontare, mi stimola molto ed è una sfida che mi piace affrontare. Inoltre io ho cominciato come autore per adulti. Ho pubblicato alcuni romanzi dell’orrore e una storia di fantascienza, più vari racconti di differenti generi, dalla storia d’amore al racconto pulp. La narrativa per ragazzi mi offre un contrasto unico e un pubblico vasto e molto attento, spesso senza filtri:
se gli piaci, te lo fanno sapere, se non gli piaci, te ne accorgi. C’è anche da dire che si tratta di uno dei
settori editoriali italiani con la crescita e il volume di vendite maggiori. Fuori dai denti e parlando con
molta sincerità, è grazie alla narrativa per ragazzi e alle migliaia di copie vendute che riesco a pagare
l’affitto. Il volume di copie vendute nei miei libri per ragazzi sarebbe enorme se portato in quella per
adulti, si tratta quindi di un settore di lavoro che mi offre grandi soddisfazioni. E come nuovi progetti… be’, sì, in autunno esce il mio nuovo romanzo, questa volta per Mondadori, sarà
una storia di musica proibita, diritti, libertà e aspirazioni, ambientata in una scuola sovietica del 1960 e
con un elemento storico davvero pazzesco. Qualcosa che ho scoperto leggendo un articolo condiviso da
un amico e che quando l’ho scoperto mi ha lasciato a bocca aperta. E poi… be’, poi è in arrivo un romanzo fantasy, ma ne ho già parlato più sopra. Direi quindi che ci sono molte cose in pentola.
Grazie a te per il tempo e la pazienza per questa intervista. E per le domande interessanti. Ciao!


Spero sia stata di vostro gradimento la lettura e che sia riuscita ad incuriosirvi abbastanza. Spero prendiate in considerazione i volumi di Christian e spero possa esservi piaciuta la lettura di questa intervista.

A presto,

Sara ©

BLOGTOUR: I CARTONI DI LEI E LUI DI LILLETTA ELY E MAX RAMBALDI – INTERVISTA A LILLETTA.

BUONGIORNO CARE PARTICELLE LETTRICI!

Oggi vi porto una novità che sono sicura apprezzerete. Un volume sui cartoni animati e le anime degli anni ottanta e novanta di cui ringrazio Alice per avermi incluso e per la sua disponibilità nell’organizzazione. Ecco qui il volume:

downloadTitolo: I cartoni di Lui & Lei
Costo: 14,70 – solo formato cartaceo
Autore: Elisabetta “Lilletta” Tosi
Illustratore: Max Rambaldi 
Formato libro: copertina flessibile 14×21
Si più acquistare solo tramite il crowfounding ( https://it.ulule.com/icartonidiluielei/ – link attivo dal 1 settembre) 
Sinossi: “Alabarde spaziali, bacchette magiche, apocalissi e palloni da calcio”.
Bastano questi elementi per rievocare la stragrande maggioranza dei cartoni animati trasmessi tra gli anni ’80 e ’90, che ci hanno accompagnato nei nostri primi passi e oltre. Perché dunque non ripercorrere le storie di maghette, robottoni e sportivi in poche righe con un pizzico di ironia? Ci sarà anche un gatto a farvi da guida, forza, non potete dire di no!In questo libro Elisabetta (alias Lilletta) riprende lo stile riassuntivo dei suoi video di YouTube per rivivere insieme gli anime più iconici della nostra infanzia e adolescenza, accompagnati dalle bellissime illustrazioni di Max Rambaldi, poliedrica artista, che porta in ogni serie Indy, il gatto di Lilletta (sua guest star fissa) per invadere ogni cartone di cui si parla! Un libro di oltre 180 pagine realizzato come un diario ricolmo di colori e ricordi, cammei più o meno facili da indovinare di amici e colleghi delle due autrici, e anche un giochino segreto!Se tutto ciò non fosse bastato ad attirare la vostra attenzione, vi ricordo che l’elemento felino scorre potente in ogni pagina! Contiamo su di voi per poter portare alla carta luce quest’opera!

La mia tappa per questo BlogTour è 

L’INTERVISTA A LILLETTA

Ciao Lilletta, benvenuta nel mio blog. Cominciamo con calma. Raccontaci un po’ di te e del tuo libro.

Buongiorno Sara innanzitutto grazie dell’ospitalità Mi presento, sono Elisabetta, alias Lilletta, una ragazza (anche se a 30 anni e passa forse ragazza non è l’accezione più corretta ma sorvoliamo!) che un giorno ha scoperto di divertirsi parlando di cartoni animati su You Tube e da allora non ha più smesso. Ed il libro che sta per uscire è un po’ una sfida con me stessa, alla mia perenne insicurezza, ma soprattutto è volto a  scoprire se il format dei video che pubblico sul web sarebbe riuscito ad interessare anche in versione cartacea!

Com’è nata l’idea e dove hai preso ispirazione per questa vostra opera?

Un giorno mentre ero in pausa pranzo al lavoro stavo guardando un video di Max e mi si è accesa una lampadina: visto che lei aveva un enorme talento nel disegnare e io una capacità di…sparare cretinate, mi perchè non unire le nostre menti per creare un libro sui cartoni animati? Nello stile dei miei video e accompagnato dalle illustrazioni di Indy in versione anime!

Chi è Indi? E perché avete scelto proprio lui a fare da guida all’interno di questo volume?

Sia io che l’illustratrice, Max, adoriamo i gatti: io ne ho uno, lei..molteplici! pertanto abbiamo pensato che chi meglio di un felino avrebbe potuto fare da collante tra le tante trame che il libro avrebbe affrontato?

La storia è incentrata sui cartoni animati degli anni novanta e sicuramente ci sono alcuni che abbiamo amato più di altri. Qual è il cartone animato che preferisci in assoluto e perché?

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Il cartone che senza ombra di subbio ha segnato la mia infanzia è stato Sailor Moon, per una serie infinita di ragioni; in primis perché voleva trasmettere il messaggio che ogni ragazza poteva cambiare le carte in tavola, essere l’artefice del proprio destino, ma soprattutto poteva salvare la situazione! Poi quei costumi sgargianti e quegli scettri colorati non potevano che fare breccia nel mio animo fanciullesco! Però a pari merito con Sailor Moon non posso non citare “Il mistero della pietra azzurra” un anime che racchiudeva azione, avventura, misteri archeologici e magia; una combo per me irresistibile.

Il libro è suddiviso in diverse tematiche, ognuna diversa con relativi anime di riferimento. Come avete scelto quelle da trattare e come avete suddiviso il lavoro fra di voi?

Prima di tutto abbiamo stilato un elenco degli anime che più ci ricordavano la nostra infanzia o dei quali ci siamo maggiormente appassionate; in secondo luogo abbiamo cercato di dividerli per sottocategorie. Le prime due sono state le più facili perché capisaldi dell’animazione anni ’80 e ’90 ovvero gli anime sulle maghette ed i robottoni. Poi ci siamo rese conto che abbondavano anche i cartoni che parlavano di futuri fantascientifici ed apocalittici, le serie ispirate ai romanzi e così via. Diciamo che una volta elencate le serie, esse si sono quasi suddivise da sole 🙂

Qual è stata la cosa più difficile durante la creazione del libro? La struttura, l’impostazione, le idee, i disegni o i personaggi? O qualcos’altro?

La parte più ardua per me è stata senza dubbio quella di mettere nero su bianco le storie delle varie serie che mi appassionavano senza perdermi in nomi finto-americani del nostro adattamento o  trame che, per certi versi, spesso si somigliavano. L’impostazione e le idee, per fortuna, erano fresche sin dal primo momento. Per Max, invece, illustrare più di 100 gatti ed imparare un programma apposito per l’impaginazione è stata un’autentica sfida!

Avete in mente altri progetti in mente insieme a Max o intraprenderete qualcosa in solitaria?

Di idee per fortuna (o purtroppo) non siamo mai a corto! Siamo molto curiose di vedere come andrà questo progetto per valutare se Indy dovrà tornare “al lavoro” nel prossimo futuro per fare da guida attraverso altri cartoni o, perché no, serie tv!

Ti ringrazio per la disponibilità e ti saluto anche a nome dei miei lettori.

Grazie a te nuovamente per l’ospitalità e la gentilezza! A presto!


Ecco qui tutte le tappe, quindi potete andare a vedere e seguirle qui:

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Spero vi piacerà! Vi aspetto come sempre vi aspetto curiosi!

A presto,

Sara ©

INTERVISTA # – SANDRO RISTORI PER IL REGNO DEL MALE.

BUON POMERIGGIO PARTICELLE LETTRICI!

Sono qui con una nuova intervista per voi. Non so se avete letto la mia recensione di questo libro ma dovete assolutamente recuperare se non l’avete fatto: RECENSIONE.

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Sono stata presente a quest’evento, alla presentazione di questo libro e ho chiesto a Federica se era possibile fare un’intervista all’autore. E così eccoci qui. Premetto che Sandro Ristori è stato una persona alla mano, sembrava di parlare con una persona che conoscevo da tempo.

Davvero una bella esperienza e sono felice della possibilità che ho avuto 🙂 Vi consiglio davvero di leggere questo libro.

Ora vi lascio all’intervista:


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Tre aggettivi per descrivere il romanzo?

Cupo. Coinvolgente. Complesso.


Com’è nata l’idea e dove hai preso ispirazione per questa storia?

Come racconterò forse anche oggi l’idea è venuta da un episodio della mia vita reale che mi hanno raccontato due mie care amiche che sono sorelle. Hanno avuto un incidente causato in realtà – identico a quello che succede nel libro – ovvero la sorella giocando con una coperta ha lasciato la presa e la sorella minore è caduta ed ha battuto la testa contro il tavolino. *Ride* Non è successo niente di così drammatico. Non so perché, ma da quel momento il filone principale della storia l’ho visto subito dal primo libro all’ultimo. Ho visto tutto subito. Chiaramente poi tutti i personaggi secondari, trame su trame sono venute col tempo, lavorandoci su. Però la genesi ha proprio un momento preciso.


In quale personaggio ti identifichi di più? E perchè? Se ce n’è uno.

Eh…non lo so… è una domanda difficile, si. Chiaramente tutti i personaggi sono molto molto diversi da me *Ride* io non sono assolutamente simile a nessuno dei personaggi. Forse… mi piace pensare di essere più vicino a Loki, che comunque se c’è un buono nella storia potrebbe essere lui. Quindi lui diciamo. Però proprio per sommi capi.


Il Male come Regno, il Male come il centro di questo romanzo. Cos’è per te il Male?

Il Male, secondo me, è l’assenza di empatia. L’incapacità di capire che l’altro è in qualche modo nostro fratello. Quindi non riconoscere l’umanità nell’altro. E infatti la mia scrittura… l’esperimento di scrittura che ho voluto fare con questo libro è proprio – che è stato notato anche da tutte le recensioni – è l’estrema freddezza con cui si descrivono crudeltà, sopraffazioni, violenze. Proprio per dimostrare questo. L’incapacità di calarsi nei panni degli altri, vedere chi sta soffrendo, ti porta.. porta alla creazione del Male.


Quanto questo influenza sia il romanzo, sia la tua vita?

*RideMe nella vita spero molto poco *Ride* perchè io sono una persona in realtà…

L’esatto opposto

Assolutamente. No, infatti non vorrei dare l’idea personalmente di essere…  infatti mi sono vantato spesso “Chissà cosa penseranno di me come persona *Ride* però come persona spero di essere molo diverso. *Ride* Appunto il tentativo di scrittura era proprio questo. Far combaciare il più possibile il soggetto e il modo di descriverlo. E la scrittura punta ad essere malefica come le azioni che descrivo.


Il comportamento dei giovani Kausi e Coral, la Maledizione e il Segno. I cambiamenti repentini nei ragazzi sono frutto solo della maledizione e del Segno o c’è qualcosa più grande sotto? Perchè hanno questi cambi repentini…

E certo. La mia idea era di far vedere cosa può succedere se si scatena il Male appunto. Ovvero.. Coral e Kausi all’inizio non sono ragazzi malvagi o quanto meno non può malvagi degli altri. Sono ragazzi normali, non stinchi di santo chiaramente però sono ragazzi normali. Quando gli altri smettono di riconoscerli come parte del gruppo, li esiliano ed è lì scatenano il Male che poi loro porteranno alla distruzione. Ma in realtà loro sono allo stesso tempo carnefici e vittime perché se chiaramente non fossero stati esiliati, se non avessero visto la morte orribili delle loro madri davanti ai loro occhi non sarebbe successo nulla di tutto questo, sarebbero stati solo ragazzi un po’ vivaci ecco. Però non così.


Cosa ci possiamo aspettare dai prossimi volumi? Qualche piccola anticipazione?

 

Dai prossimi volumi ci possiamo aspettare molto perché la storia è molto complicata. Nel secondo libro – purtroppo perché ho visto è una cosa che ha spezzato i lettori – appariranno altri personaggi in un altra regione, le cose si complicheranno dal terzo libro inizierà ad andare…

Aumenteranno le voci?

Si. *Ride*

All’inizio è stato piuttosto destabilizzante poi mano a mano che si incastrano prende vita ancora di più

Certo, lo so, lo so. Il problema vero della scrittura è stato tenere insieme… tenere insieme tutti i fili. Quello è stato il problema più grosso e collegare tutti i tempi. E’ stato molto difficile proprio perché ci sono un sacco di persone che agiscono in posti diversi ma tutto deve essere in ordine cronologico e… chiaramente non posso seguire per venti capitoli le stesse persone cioè devo riuscire in qualche modo a fare accadere qualcosa per far… Incastrare è stato molto difficile. Comunque per rispondere alla tua domanda: al secondo libro si continuerà a complicare. Dal terzo libro si comincerà a risolvere e nel quarto sarà tutto risolto.


Piccola curiosità personale ma credo che possa interessare anche ai lettori che decideranno di leggere questo libro essendo un biglietto da visita. La copertina: ti piace e chi rappresenta?

A te piace? *Ride*

Più che altro sembra la copertina di un videogioco.

Brava. L’ispirazione è presa un videogioco. Si, è molto nello stile di Assassin’s Creed e si, a mi piace comunque. Diciamo che dovrebbe essere Loki… anche se non è proprio così. No, non è Coral, ecco.

Ok, ti ringrazio.

Grazie a te, figurati.


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Cosa ve ne pare? Adesso vi dovrei aver convinto a  leggere questo libro! Vi aspetto con tanti bei pareri!

A presto,

Sara ©

INTERVISTA # – MASSIMILIANO ARDINO PER LE OSSESSIONI DEL PINGUINO.

BUON POMERIGGIO LETTORI BELLI!

Oggi per voi ho una nuova intervista. Ho aspettato un bel pò, avete ragione e se non ricordate la recensione del libro ecco qui che ve la lascio : QUI!

17755_1482148249Ecco a voi le domande e le risposte del nostro autore:

  • Ciao Massimiliano! Grazie innanzitutto per la tua disponibilità. Per cominciare
    parlaci un po’ di te e della tua passione per la scrittura. Cosa ti ha spinto a scrivere questo tuo romanzo?

A scriverlo mi ha spinto quella passione così grande che diventa persino un
bisogno, il bisogno quasi fisico di inventare storie, di mettere su carta le emozioni. Il passo più difficile è stato quello di decidere di pubblicarlo, ovvero di condividerlo con gli altri, che equivale un po’ a mettersi a nudo.


  • Matteo Serrone, il tuo personaggio, mi è sembrato da subito un tipo complesso e difficile da digerire ma allo steso tempo comprensibile su diversi punti di vista. Quanto di te stesso c’è nascosto in Matteo?

Invero poco. Matt è una creazione, a tratti un’iperbole, è volutamente un personaggio con molti aspetti positivi e molti negativi. Mi sono divertito a metterlo in situazioni al limite ma reali, che possono capitare a molti di noi, e alle quali lui reagisce come essere umano, ergo spesso in maniera non inappuntabile. Di tutto il romanzo l’unico personaggio reale è Maya, la cagnolina che è stata davvero con me per molti anni.


  • Il Pinguino, una metafora del protagonista che lo avvolge mano a mano completamente. Ma perché “Le ossessioni del Pinguino”? Perché la scelta di questo titolo?

Il Pinguino è l’essere imperfetto per eccellenza! E’ un uccello che non vola, quando cammina sembra sempre in procinto di inciampare. Mi autocito: “per la sua caparbietà e ossessione quando cerca di raggiungere le regioni ghiacciate, senza in fondo capire bene cosa sta facendo, semplicemente sopraffatto dalla sua natura” (vedasi “La marcia dei pinguini” per riprova) 


  • Dieci Guinzagli in dieci capitoli ma quanti e quali di quei guinzagli fanno parte della tua vita? Ti va di parlarcene?

Lavoro, amore, alcool, sesso, denaro, verità, paura dell’oblio, ricordi, solitudine e felicità. Chi almeno una volta nella vita non ha avuto uno di questi guinzagli? Ho usato il guinzaglio come metafora. Il guinzaglio ti lascia qualche metro di illusoria libertà, ma in fondo sai che ti tiene legato a sé.


  • Qual è stato il guinzaglio/personaggio/cosa di cui hai trovato più difficoltà a scrivere? E perché?

Le scene di sesso, non nello scriverle, ma nel rileggerle prima di pubblicare il libro. Il mio pensiero è stato: mia madre le leggerà …


  • Jimmy diventa un personaggio nel momento stesso in cui la sua strada incontra quella del protagonista Matteo. Compagno di racconti e l’unico in grado di ascoltare i pensieri e le avventure che accompagnano Matt nel corso della storia. Com’è nato il suo personaggio? Hai nella realtà un amico che gli somiglia o è solo frutto di fantasia?

Così come Matt, Jimmy è un personaggio che contiene in sé elementi positivi ed altri negativi. E’ il barista di un locale di streap tease, probabilmente il più improbabile dei confidenti. Dice la sua senza filtri, è il bambino che grida che il Re è nudo; l’ambiente in cui lavora gli permette di esprimersi senza troppi filtri. Non ho un amico così, ma non sarebbe affatto male averlo.


  • Chiudiamo con un’ultima domanda. Stai lavorando a qualcosa di nuovo? Se si, vuoi parlarcene e lasciarci un’anticipazione?

La risorsa più preziosa è quella del tempo e, tra lavoro e famiglia, ultimamente non ne ho avuto per scrivere; ma ho già in mente il prossimo romanzo. Non sarà un sequel, ma un nuovo viaggio nelle “cose della vita”, sempre con le regole che ho seguito nel mio libro d’esordio: osservare, descrivere, ma non giudicare mai.


Cosa ne pensate lettori? Io direi che sono molto interessanti le sue risposte!

Ringrazio ancora Massimiliano per la sua disponibilità e la sua gentilezza.

A presto,

Sara. ©

INTERVISTA # – LORENZO QUADRARO PER L’EQUAZIONE DI CASSANDRA.

BUON POMERIGGIO CARI LETTORI!

Ecco qui una nuova e meravigliosa intervista. Non so se ricordate la recensione del suo libro, la trovate —> QUI.

9788898866489_0_0_700_80Ecco tutta per voi l’intervista! Spero vi piaccia e che vi metta ancora più curiosità! Io trovo che le sue risposte siano davvero soddisfacenti e ti permettono di capire al meglio tutto ciò che vi aspetta.

  1. Ciao Lorenzo! Innanzitutto grazie per la disponibilità e per la profonda sopportazione che hai nei miei confronti. Io ho avuto la possibilità di conoscerti ma estendiamo la fascia anche ai miei lettori! Parlaci un po’ di te.

Lorenzo: Anche a me ha fatto piacere fare la tua conoscenza e sapere che mi sopporti. Ho appena finito di vedere la serie “The young pope” e ho deciso che farò come Papa Pio XIII: non rivelerò niente di me, così possiamo spostare direttamente l’attenzione su soggetti decisamente più interessanti: i personaggi del romanzo.


  1. Ci sono tanti personaggi principali. Giulio, Adele, Ilaria e Cassandra ma qual è il personaggio in cui ti rispecchi e perché?

Lorenzo: In realtà non mi rispecchio in nessuno di loro. Tutti hanno qualcosa di me, tranne Cassandra che obiettivamente si esprime, fa considerazioni autonome e tutte sue. Tuttavia, così, su due piedi, Giulio è sicuramente il personaggio a cui ho prestato maggiormente alcune mie caratteristiche. Quando ho scritto le prime pagine eravamo praticamente coetanei e quindi gli è toccato rispecchiare maggiormente alcuni miei aspetti.


  1. Da dove nasce L’equazione di Cassandra? Da dove o da chi ne hai preso ispirazione?

Lorenzo: Dal frammento di un telefilm visto nell’estate del 2011. C’è una ragazza sospettata di omicidio che tiene in casa l’immagine di un buco nero e lo descrive come “Il male nella sua forma più pura”. È il primo episodio della serie Luther, per farvi capire meglio allego la scena che ho trovato su youtube: https://www.youtube.com/watch?v=-AB_znetvII

Quella breve sequenza mi aveva fatto venire voglia di approfondire narrativamente il concetto di buco nero. Come un colpo di fulmine ho avuto un flash che mi ha poi inseguito per due anni, fino alla fine dell’estate del 2013, momento in cui ho deciso che avrei scritto un libro su quella sensazione. All’epoca facevo cinema indipendente e pensavo che sarebbe stato bello raccontare una storia in cui un personaggio studiasse quegli oggetti astronomici così misteriosi. Volevo raccontare la storia di una donna che compie scelte coraggiose e al limite della legalità per salvare il suo uomo gravemente malato, un professore di astronomia. Poi ho realizzato che separare le due vicende sarebbe stato ancora più interessante e così è nato il personaggio di Giulio.

Generare l’intreccio ha richiesto mesi di camminate per i boschi e profonde crisi da foglio bianco. A quel tempo avevo terminato un rapporto di lavoro e mi ero lasciato con la ragazza con cui stavo da circa un anno. L’unica cosa buona che sapevo e potevo fare era scrivere questa storia, così lasciai un’occupazione (mi feci letteralmente cacciare) che non mi piaceva e mentre i miei genitori mi credevano a fare il praticante avvocato in uno studio,  io andavo in biblioteca universitaria a leggere materiale sui buchi neri e a scrivere le vicende di Giulio e Ilaria.


  1. C’è stato un personaggio nel romanzo con cui ha avuto più difficoltà ad esprimere o definirlo?

Lorenzo: Sì, Giulio. Perché gli ho prestato alcuni frammenti sparsi della mia vita, ma allo stesso tempo dovevo caratterizzarlo in modo che fosse diverso da me. È stato anche il primo personaggio su cui ho cominciato a scrivere ed essendo al primo romanzo, la difficoltà è stata anche di metodo, perché sono “cresciuto”, narrativamente parlando, scrivendo quel personaggio.


  1. L’equazione di Cassandra, un titolo significativo e sorprendente che si nasconde fino alle ultime righe del libro. Perché proprio questa scelta? Perché un’ equazione?

Lorenzo: Domanda interessante. Perché credo che in natura esistano delle relazioni che sono talmente casuali da sembrare calcolate. Qualcuno crede che all’origine di questi episodi casuali si nasconda Dio, qualcun altro pensa alle coincidenze, io credo siano il risultato di un calcolo dato dalle nostre energie.

Ricordo quando ero al liceo e pensavo fortemente a qualcosa e questa si avverava. Ricordo l’allarme antincendio della scuola suonato durante una versione di greco, perché lo avevo fissato e sperato fortemente che suonasse, o quando a diciott’anni pensavo in modo intensissimo una ragazzina che mi piaceva, ma che avevo visto solo in occasione di un compleanno e come d’incanto si era materializzata in pieno centro un sabato di giugno.

Senza andare troppo in là nel tempo: ero al Salone del Libro di Torino qualche settimana fa, al ritorno stavo aspettando la metropolitana per andare in stazione e in mezzo a tutta quella folla, in quel preciso istante, in quel preciso metro quadro, incontro una persona che non vedevo da tantissimi anni. Anche lui era stato al Salone e mi ha dato il suo libro (bellissimo tra l’altro: “Senza scampo” di Carmelo Gallico).

Nel romanzo accadono coincidenze e intrecci fra vicende completamente distinte fra loro, che conducono appunto a un’equazione finale. Personalmente mi piace credere che le energie di Giulio, Adele e Ilaria abbiano dato vita a quel finale.


  1. Lo studio della fisica e dell’astronomia, i discorsi sulle stelle e sulla teoria dei buchi neri sono stati tutti molto interessanti. Hai una passione per l’astronomia? E cosa ti ha spinto a gettare Giulio in un mare così ampio?

Lorenzo: Mi appassionava l’idea di creare un concetto di fondo che permeasse tutta la storia. Come ho detto prima, si tratta di un’idea nata quasi per caso, guardando la scena di un telefilm, ma quell’idea era così forte e interessante che ho voluto tesserci sopra delle vicende. In ogni modo sì, sono sempre stato molto appassionato di quello che accade nell’universo. Ci sono dei fenomeni pazzeschi, accadono cose che vanno al di là della nostra comprensione: tempo che si ferma, deformazioni del tessuto spaziale, esplosioni così immense da poter essere viste a distanza di miliardi di anni luce. Capire e studiare l’universo fa vedere con altri occhi quello che accade qui sul nostro pianeta.


7. Ilaria è un personaggio molto differente dagli altri perché, se non altro, spezza il ritmo della storia con un pizzico di suspense e di azione. Com’è nato il suo personaggio? E cosa ti ha portato a creare questa parte più dark, più thriller alla storia d’amore?

Lorenzo:  Ilaria è stato il primo personaggio ad essere entrato nel “cast” del romanzo. Giulio è arrivato dopo e inizialmente volevo dargli un ruolo marginale. Poi ho optato per introdurre prima lui. Mi piaceva l’idea di iniziare una storia e poi spezzarla introducendo un personaggio e un’atmosfera diametralmente opposti. La vicenda di Ilaria, la parte riservata a lei, rimarcano la differenza sostanziale fra queste due vite. E tutta l’azione contenuta nelle sue sequenze portano ad accelerare il climax.

Avrai notato infatti come il climax cresce a mano a mano che si procede nella lettura, per poi esplodere nel finale. Ho voluto proprio partire con un romanzo di formazione, una storia d’amore, tutto lento, come a sottolineare che in fondo, anche da qualcosa di apparentemente ordinario può scaturire una conseguenza inaspettata ed esplosiva. 


  1. Stai lavorando ad un nuovo progetto? Un nuovo libro? Ti va di darne qualche anticipazione per i lettori?

Lorenzo: Sto lavorando ad altre storie che, come la prima, riposano su concetti particolari. Ne “L’equazione di Cassandra” questo concetto era racchiuso nella disciplina della Fisica, nei prossimi romanzi ci saranno la Poetica (in modo particolare il concetto di “Bellezza”) e la Filosofia (il concetto di “Solitudine”). Di recente ho scritto un racconto per un concorso letterario intitolato “Airport tales”, che mi auguro che avrete presto l’occasione di leggere.


Cosa ne pensate? Vi piace? 🙂 Ringrazio Lorenzo per essere stato gentile come sempre. Non vi resta che andare a scoprire il suo libro!

Alla prossima,

Sara. ©

INTERVISTA A FRANCESCA LIZZIO PER FIORE DI CACTUS.

BUON POMERIGGIO BEI LETTORI!

Per voi oggi ho una cosa diversa dal solito! Vi ricordate Fiore di Cactus di Francesca Lizzio, che ho recensito qualche settimana fa?

Se non ve lo ricordate vi rinfresco la memoria lasciandovi il link –> Recensione Fiore di Cactus

41slzdw9kzl-_sy346_Ho fatto una piccola intervista all’autrice e devo ammettere di essere soddisfatta. Francesca è una persona dolce e sensibile, che ringrazio molto per la sua disponibilità nei miei confronti!

Ecco le domande:

  • Andiamo sul soft e cominciamo con calma. Chi è Francesca Lizzio? Parlaci di te.

Per cominciare, grazie per avermi proposto quest’intervista.

Sono una ragazza di venticinque anni che cerca la sua strada e, nel frattempo, si dedica alle sue passioni. Lettrice accanita, adoro la musica e le parole in tutte le loro forme.

Per natura sono silenziosa e introspettiva, e scrivere mi permette di tirar fuori tutto quello che sono senza barriere imposte dalla timidezza. Scrivo su un blog, “cuore di cactus”, e decidermi a crearlo è stata la cosa migliore che abbia fatto.   


  • Innanzitutto credo sia doverosa una spiegazione. Perché “Fiore di cactus”? Perché è nato tutto come “cuore di cactus” e cosa rappresenta per te?

“Fiore di cactus” è un soprannome. Mia madre mi chiama sempre così perché mi vede bella, anche se in realtà io mi considero un disastro. E da qui ecco spiegato “cuore di cactus”. Da due anni ormai rappresenta il mio rifugio.


  • Ti sei ispirata a qualcosa/qualcuno quando hai scritto il tuo libro? Raccontaci.

Si, mi sono un po’ ispirata ad esperienze che ho vissuto e a persone che fanno (o hanno fatto) parte della mia vita, ma questo romanzo non parla di me, anche se in ogni parola c’è la mia anima. E’ la storia di Sara.


  • Come immagini Sara e Andrea, adesso, oltre a tutto ciò che accade nel libro? Dove li vedi e cosa stanno facendo?

E’ difficile rispondere senza spoilerare nulla. Spero tanto che siano felici.  


  • Il diario di Sara è un po’ il retroscena di tutto ciò che Sara ha sempre vissuto. Sembra essere, più che il suo diario, il diario di una ragazza che vedo scrivere da parecchio tempo sulla sua pagina. E’ così?

In parte si, perché siamo molto simili.

Immergersi nei suoi dolori e nei suoi sentimenti, cercare di capirla, è quello che si dovrebbe fare con qualsiasi persona che entra nella nostra vita. Senza giudicarla, senza pretendere. Semplicemente, ascoltandola. Perché c’è sempre qualcosa che ci spinge a diventare le persone che siamo e bisogna rispettarlo.

Le sono molto affezionata, conoscerla è stato bellissimo.


  • Stai lavorando ad altro?  Se si, vuoi lasciarci delle anticipazioni?

Per scaramanzia, com’è stato per “Fiore di cactus”, preferisco non anticipare nulla… ma si, sto lavorando ad un nuovo romanzo.

Ti ringrazio infinitamente per la disponibilità, la dolcezza e per avermi permesso di entrare nel tuo mondo.


Cosa ne pensate? Vi è piaciuto questo articolo? E’ stata interessante l’intervista per scoprire meglio il piccolo mondo di Sara, nata dalla penna di Francesca?

Io vi aspetto!

A presto,

Sara. ©

INTERVISTA A FRANCO GIACOIA E PALMIRO MIGNINI PER IL RISVEGLIO DELL’ALBINO #1

BUON POMERIGGIO CARI BEI LETTORI!

Ecco per voi l’intervista per il libro Il risveglio dell’albino, il primo di una saga fantasy: I cieli del sole morente.

Potete trovare la recensione di questo bel libro, se ve la siete persa o se non lo conoscete ancora: QUI!!! In attesa del secondo capitolo ecco un piccolo regalo:

Ora passiamo a cose serie! Si comincia!

– Uno scritto a quattro mani piuttosto affascinante. Ma come sono stati suddivisi i compiti? La penna è di entrambi e come è stato suddividervi le cose? E’ stato difficile collaborare tra scritto e idee?

Franco: quando si compie un lavoro a quattro mani, il rischio che emergano due stili differenti all’interno della narrazione è molto elevato; è piuttosto raro che due persone, pur pensandola alla stessa maniera, riescano a scrivere in modo omogeneo, e il lettore verrebbe a trovarsi in difficoltà nel trovare discontinuità nello stile. Il mio compito è stato quello di curare la penna, ossia la stesura della trama e dei dialoghi, forte della mie esperienze nei corsi di scrittura creativa e workshops; quello di Palmiro, non meno importante e alquanto impegnativo, è stato individuare eventuali discrepanze, segnalare quei punti in cui i personaggi tendevano a uscire dal copione dicendo o facendo cose non proprio congrue alla loro psicologia e/o al modo di agire, di indicare in quali punti intervenire tagliando o aggiungendo parti di narrazione che stonavano o arricchivano la stessa. Direi che le difficoltà ci sono state, la gestazione del romanzo è stata lunga e difficile, ma la nostra ottima intesa e disponibilità al confronto (sempre essenzialmente costruttivo) ci ha molto aiutato.

Palmiro: Il lavoro a priori è di entrambi: pianificare, decidere, vedere come evolverà la storia. La penna è di Franco, il roboante rumore di sottofondo e il brontolio sommesso che accompagna Franco nella scrittura è il mio. Mi piace immaginare quello che Franco scrive, vivere la scena per come la mette lui, vederla in testa, entrare nella scena e vedere cosa c’è da aggiustare e aggiungere, certo è facile quando riesci così bene a vedere la scena nella tua testa.


– Un’altra piccola curiosità personale che spero possa interessare visto che i scritti a quattro mani sembrano essere sempre più presenti. E’ stata la scrittura ad avvicinarvi o eravate già vecchi amici? Cosa vi unisce? E cosa condividete?

Palmiro: Condividiamo la stessa passione per i giochi di ruolo da anni e siamo amici da tempi immemori. Non credo sia possibile intraprendere un viaggio del genere se non c’è questo tipo di sintonia tra due persone che lavorano insieme ad un progetto strutturato in questo modo. Quando ci è possibile usciamo anche dal guscio della scrittura per serate di puro cazzeggio, ma alla fine si torna a parlare del libro.

Franco: ha già detto tutto Palmiro


–  L’ambiente che circonda Akarthia sta per volgere al termine. Il buio sta per costringere i nostri eroi a ritirarsi, ad abbandonare le loro case per tentare di sopravvivere. Un fantasy molto curato e  ben scritto. Dove e come è nata l’idea / ispirazione per questa storia?

Palmiro: L’idea è di altri due nostri amici, è nata come un avventura per un gioco di ruolo e poi si è evoluta, trasformata, gonfiata. Da una semplice storia è nato un universo dentro il quale si svolge la storia principale. Ad ogni svolta che compie la storia pensiamo a creare uno sfondo di contorno che permette al lettore di sfumare e vedere il tutto che circonda l’azione…

Franco: ci tengo a sottolineare che i due amici in questione sono Gioacchino Romani e Michele Pagavino. La cosa incredibile è stata vedere come un modulo di avventura gdr di 10 pagine sia diventato una trilogia fantasy, sviluppando quelle situazioni di background e aree geografiche dell’ambientazione che, per ovvi motivi di tempistica, nell’avventura giocata sono state messe da parte.


– Nel volume sono presenti molti personaggi: Nasedo, Yumi, Nadir, Lanthis, e Jonathan, il coraggioso albino risvegliato. Ci sono molti personaggi anche secondari ma fondamentali per questa storia. Ma c’è un personaggio in cui ti ritrovi di più e che ti somiglia? E perché?

Palmiro: Io adoro Lanthis, ma i lettori ancora non potranno capire perché… nel primo libro sono altri i protagonisti sotto i riflettori, lui invece deve restare ancora nell’ombra per “scelte di copione”. Non posso dire molto, ma è un eroe romantico incompreso, vede la vita a modo suo, adoro il suo tormento inferiore e le motivazioni alla base delle sue gesta, il suo vedere la vita usando come filtro quello che la vita gli ha fatto… fidatevi, vi saprà stupire.

Franco: personalmente, mi identifico molto in Nadir. Lui, come me, è un sognatore, un eroe romantico di altri tempi, sensibile, introverso, geloso dei propri segreti, ma che nasconde la propria fragilità emotiva sotto una dura scorza di pragmatismo e cinismo. Vedo molto di lui in me. O viceversa


– Ogni personaggio sembra studiato nei minimi dettagli. Persino i loro nomi, per cui ho trovato difficoltà a distinguere inizialmente Nasedo da Nadir,  sono piuttosto ricercati. L’unico piuttosto comune risulta quello dell’albino. Hanno qualche significato i nomi che sono stati scelti?

Palmiro: Il Nadir è un termine della navigazione, Nasedo è un nome di fantasia, Yumi è un termine giapponese che identifica un arco particolare unico nel suo essere asimmetrico ma perfettamente bilanciato. Diciamo che la scelta e legata solo al “dover dare un nome”. L’unico per assurdo più ricercato è proprio Jonathan… e ogni riferimento al più famoso gabbiano Jonathan della scrittura non è “puramente casuale”.

Franco: niente da aggiungere a quanto già detto.


L’albino si è svegliato e per Nasedo è una specie di salvezza, una profezia che si avvera. Per come viene descritto, però, Jonathan è sembrato molto strano, enigmatico, quasi stesse fingendo. Ed il gruppo anche se molto diffidente lo porta con sé. Si tratta di fiducia quella che Nasedo ripone in lui? Come può l’intero gruppo fidarsi di uno sconosciuto?

Franco: Jonathan si risveglia in un mondo alieno, che non è il suo, e non ricorda niente del suo passato, delle sue origini. Normale che si senta strano, smarrito. Come se non bastasse, dopo poche pagine si ritrova catapultato nella catastrofe che si rivela in tutto il suo orrore. Avrebbero certo potuto lasciarlo lì, a morire, ma questo non sarebbe stato un comportamento molto credibile in un heroic fantasy classico. Certo che se avessimo avuto degli eroi malvagi, forse…

Palmiro: In realtà è una fiducia figlia della situazione e a tratti rasenta la disperazione. Quando Jonathan viene trovato, non c’è molto tempo per pensare a cosa fare e viene fatto salire a bordo; quando, a freddo, i personaggi si mettono a riflettere sul “chi è Jonathan”, le leggende del passato fanno diventare l’albino una sorta di segno del destino, un motivo di speranza… e loro ne hanno un disperato bisogno.


La figura di Yumi è molto simile a quello di una sacerdotessa ma con poteri molto particolari. Ma sembra l’unica ad avere dei poteri al mondo. C’è qualche altro essere come lei? Ci sono altri che possono usare poteri? Saranno svelati più avanti i misteriosi segreti che avvolgono Akarthia?

Palmiro: Yumi è unica e non sa neppure lei quanto. La sua natura la pone in una posizione molto particolare nel mondo, soprattutto perché è e resta una ragazzina al quale è stato dato un potere enorme. Esiste la magia su Akarthia, quella clericale e quella arcana. La prima convive in rispetto con la natura e “ricicla” la magia, quella arcana consuma e basta rischiando di alterare l’equilibrio se qualcuno dovesse abusarne. È uno dei motivi di contrasto tra le due fazioni, addirittura i druidi pensano che il grande buio sia colpa dei maghi e del loro uso indiscriminato della magia… ma chissà…

Franco: come ha ricordato Palmiro ci sono i maghi, ci sono i druidi, e poi ci sono gli utenti della Via, i cosiddetti psionici, che dispongono di poteri mentali capaci di cose mirabolanti.


Personalmente quando il gruppo approda nella zona piratesca, l’ho apprezzata particolarmente come tutti i colpi di scena che ne conseguono. C’è una cosa che ami particolarmente all’interno del romanzo? (senza spoiler ovviamente)

Franco : ritengo che la parte del romanzo che si svolge su Ascalorn, l’isola dei pirati, sia forse la più intensa e dal punto di vista drammaturgico e dal punto di vista emozionale. Un autentico capolavoro, se ci concedete un pizzico di sana presunzione. Quello che poi mi piace molto è lo scottante tema d’attualità che tocca il romanzo (certo non voluto, visto che l’avventura venne progettata nel 2005, quando ancora una simile tematica non erano ancora così pressante come oggi), ossia il problema dei profughi.

Palmiro: Adoro quando le schegge del passato dei personaggi vengono fuori, adoro quando l’immagine che viene creata dalla situazione del momento lascia spazio al “dietro le scene”. Rende i personaggi non solo dei nomi su carta, te li fa entrare dentro, ti rivedi nei loro sogni, capisci il loro punto di vista. Il pezzo che mi fa impazzire è quello di Nadir bambino che sguscia tra i vicoli di Nogareth per mettersi a sognare sul suo futuro… poesia.


– Il libro è terminato nel bel mezzo dell’azione imminente. Cosa succederà lo sapremo soltanto nel secondo volume. Quanti volumi ci saranno ancora? Una piccola anticipazione per il prossimo capitolo?

Palmiro: ci saranno altri due romanzi. Anticipazioni? Le carte sono in tavola e i giocatori sono seduti, è tempo di dare inizio alla mano finale e vedere chi ha la mano più forte… sul piatto c’è il destino del mondo. E la vera storia di Lanthis! Ve l’ho già detto che lo adoro vero? Saprete… AH se saprete.

Franco: dico solo questo. Preparate i dadi!


Un grazie enorme a Franco Giacoia e Palmiro Mignini che sono stati gentilissimi e sempre disponibili. Veramente due belle persone! Grazie!

Spero vi sia piaciuta e vi auguro una buona giornata!

A presto,

Sara.©

INTERVISTA AD ANNA PREMOLI PER IL LIBRO “E’ SOLO UNA STORIA D’AMORE”

BUON POMERIGGIO CARI LETTORI!

Ci tengo particolarmente che leggiate questo post perchè voglio condividere la mia felicità con voi!

Parto ringraziando la Newton Compton per questa bellissima presentazione del libro di Anna Premoli “E’ solo una storia d’amore” per la disponibilità e la pazienza nel rispondere a tutte le domande che sono state fatte. Potete trovare QUI la recensione del libro per farvi un’idea se ancora non l’avete fatto!

Eccomi mentre le facevo le domande:

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Adesso ciancio alle bande e passiamo all’intervista che alla fine è ciò che interessa anche a voi!

Ps: Le risposte sono ASSOLUTAMENTE REALI E LE SUE EFFETTIVE PAROLE. Ho trascritto tutta la registrazione per non tralasciare nulla, solo per voi!

Cominciamo: 

Da cosa ha preso ispirazione, come è nato il romanzo e cosa lo rende diverso dai precedenti?

AnnaIl tema ci coinvolge tutte in prima battuta per cui c’è un pizzico più di coinvolgimento nella tematica che non riguarda anche una storia d’amore ma un ragionamento un po’ sul cos’è il romanzo rosa, su cosa vuol dire oggi scrivere rosa e che cosa ne pensa la società e così via… Quindi quell’atto, si riaggancia effettivamente il mio ragionamento sulla tematica in quel periodo. L’idea di due scrittori era una mia vecchia idea… nel senso che era da un sacco di tempo che volevo scrivere di due scrittori. In realtà, all’inizio, pensavo che avrei scritto di una lei scrittrice rosa e magari, non so, un giornalista di cultura che poteva recensire i libri come i suoi e invece poi scrivendo ho proprio pensato che in realtà due scrittori agli antipodi avrebbero funzionato meglio su quello che volevo comunicare effettivamente. Per cui, nell’ultimo annetto hanno un po’ ballato nella mia mente e poi ad un certo punto è stato evidente il momento di metterlo su carta.

Laurel è distinta, ho apprezzato il suo personaggio in quanto molto rappresentativo del genere femminile. Ma cinismo, l’odio del rosa ed il poco romanticismo sono cose che accompagnano anche l’autrice o Laurel è totalmente frutto della fantasia?

Anna: No, quegli elementi sono – ovviamente nel libro un pò esasperati – indubbiamente sono anche parte di me stessa nel senso che anch’io mi sono sentita un pò ripetere no: “Tu non rispecchi il prototipo, l’idea della scrittrice.” e da lì ho pensato : “Perchè esiste un’idea di scrittrice rosa che bisogna rispettare? “

Secondo me in realtà sono tantissime le donne oggi fuori che magari scrivono rosa ed hanno nella vita quotidiana una concretezza che chi non conosce il rosa magari invece pensa sia altro. Per cui parlando un pò di me stessa attraverso Laurel, secondo me, in realtà è un rappresentare la categoria femminile nel senso che non siamo per nulla così semplici come tanti ci vorrebbero far sembrare.

Inizialmente e nel corso del romanzo è palpabile l’aria che si cela fra Norman ed Alex. Ma è normale che vengano messi da parte essendo personaggi secondari. La domanda che non solo io ma molti si fanno è: scriverà una storia su di loro? Se così non fosse, come se li immagina lei? Saranno finalmente assieme?

Anna: Volevo scriverla. Prima o poi è mia intenzione di scriverla. Non credo che saranno subito i seguenti ma prima o poi mi piacerebbe farlo. Non avevo minimamente intenzione quando ho iniziato la stesura di questo libro, non sono partita dicendo: “allora una storia dedicata a loro, un’altra storia dedicata a questi altri.” Però come qualche volta succede, ci sono dei personaggi che emergono. In questo caso Norman a me ha fatto una tenerezza incredibile nel corso del libro per cui, siccome anche lui è un po’ un anti eroe da romanzo rosa, cioè non è il classico uomo tutto d’un pezzo che non deve chiedere mai, sicuro di se e così via… ma uno un pò più chiuso, musone con un mondo interiore un po’ più complicato mi piacerebbe assolutamente prima o poi scriverlo. Vedremo dove mi porterà la narrazione. *Ride* Perchè un conto è pensarli i libri, un conto è scriverli. Ci vuole un grande coinvolgimento per riuscire nei personaggi, per riuscire a mettere su carta tutta una storia. Tanti progetti magari nascono e poi naufragano. Succede è, perchè se uno vede che un libro non funziona, si fa altro, si passa ad altro. Però per il momento Norman e Alex sono nei miei pensieri.

Le piacerebbe lavorare su un altro genere diverso dal rosa magari con una bella copertina blu? 

Anna: *Ride* Io sono molto amante del blu, casa mia è piena di blu. *Ride* Ho riempito tutto di blu a casa. Allora, per il momento scrivere rosa mi piace, mi diverte e va benissimo. Ripetevo prima, io sono grande lettrice di gialli… da SEMPRE. Io ho iniziato coi gialli nel senso che la mia passione vera per la lettura nasce da Agatha Christie, da ragazzina, per cui Poirot lo ho adorato in tutte le forme e in tutte le salse quando ero piccolina, veramente, per cui leggere gialli mi piace molto. Però richiede anche una capacità di mettere giù una trama decente che in questo momento non mi posso permettere causa tempo inesistente perchè deve esserci proprio un ragionamento ed una  pianificazione dettagliata e meticolosa che oggi come oggi la vedo dura. Un giorno chi lo sà, non lo so. E’ chiaro che la commedia rosa la sento molto MIA, non pensavo quando ho iniziato a scrivere ma è un modo di espressione che mi diverte molto. In realtà più che la parte romantica in se a me piace sempre la parte iniziale di dialogo di quando due persone si conoscono, la parte più sensibile, quella che mi porta via più tempo. Forse per me meno naturale, è giusto che ci sia in un romanzo però tutta quella parte iniziale comica è assolutamente un pò il mio modo di essere.

C’è stato un personaggio nel romanzo con cui ha avuto più difficoltà ad esprimere o definirlo?

Anna: In questo romanzo i personaggi erano abbastanza ben delineati nel senso che poi dal momento che è un romanzo a due voci uno non deve complicarsi troppo la vita quindi essere molto netto nel far capire bene quali sono i messaggi di tutti e due. Ho cercato  di mettermi molto bene nei panni di uno e dell’altro a seconda del capitolo che stavo scrivendo. I personaggi di contorno sono forse risaltati in certi punti di vista più di quanto mi sarei immaginata come nel caso di Norman.

Norman alla fine per essere un uomo così zitto, così silenzioso è risultato per certe cose molto più di quello che avevo pensato tanto che ho pensato, “Si, scriviamo un giorno anche la sua storia”. Ma per fortuna, no. Nel senso erano tutti ben delineati anche perchè uno deve iniziare a scrivere quando ce li ha ben incasellati un po’ tutti altrimenti si crea la confusione nella testa di chi scrive.

Aidan è l’uomo rude, quello che non deve chiedere mai, insomma il tipo che tutte le donne vorrebbero. C’è stato un modello d’ispirazione su cui si è basata?

Anna: *Ride* Allora Aidan dal punto di vista fisico come anche il nome – perchè era un caso – avevo visto in quel periodo mi sembra “10 piccoli indiani” con un adattamento della BBC con protagonista Aidan Turner che è lo stesso che ha fatto una roba storica. 

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Il vero Aidan Turner e devo dire che l’avevo immaginato proprio così!

Lui mi era piaciuto come attore, un volto che mi era rimasto piuttosto impresso e c’era su internet qualche foto di lui con i capelli lunghi. Per cui la prima volta nella vita, perchè in genere non lo faccio mai, ho preso direttamente spunto fisico da un attore effettivamente vero, quindi Aidan Turner esiste, si può vedere che faccia ha assolutamente. Il carattere, il modo in cui è fatto mi è nato di conseguenza; ogni tanto uno girando per fiere vede le figure di questi mega scrittori  che si credono molto importanti per cui da alcune cose che ho captato è nato il suo carattere anche provocatorio perchè avevo bisogno di una persona abbastanza provocatoria da provocare in Laurel un certo tipo di reazione.

 

Il rosa come genere, come forma di supporto alle donne che vogliono sognare ma con i piedi per terra. Uno spunto per innamorarsi non un simbolo di debolezza e banalità come tanto si dice. E’ questo quello che trasmette Laurel, la protagonista ed è ciò che cerca di trasmettere anche lei?

Anna: Non è una forma di supporto. E’ una forma di svago giusta e corretta. Nel senso che, frequentando poi un ambiente maschile per esempio come questo della finanza gli uomini il lunedì mattina arrivano e per superare lo shock del lunedì mattina la prima cosa che fanno di fronte alla macchietta del caffè è parlare per ore di calcio. Tu sei lì e li senti  parlare di calcio. Tu anzi devi sapere come cacchio son finite le partite perchè non puoi, se ti muovi nel mondo maschile, esserne sprovvista. E se ha perso la squadra son musoni per duemila giorni e così via. Per cui se gli uomini hanno la loro valvola di sfogo ed è naturale che ce l’abbiano e ne hanno anche tanto: prendi il calcio e il motociclismo e la formula uno e milioni di altre coppe ed hanno 25 coppe durante la settimana perchè prendi tipo mio marito che fa: “Oggi c’è la partita!” ed io “Anche oggi la partita che rottura di scatole!”. Quindi loro di svaghi ne hanno tanti non si capisce perchè le donne non possano averne altrettanti, siamo diversi, fatti in maniera diversa e questo libro era anche una provocazione. Secondo me è un dover smetterla di dire “abbiamo bisogno dei nostri spazi” . Così ce li hanno loro così ce li abbiamo noi, siamo diversi non vedo perchè dobbiamo giustificarci!

Ti ringrazio.

Anna: Ma figurati, grazie a te!

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Una foto insieme! *bellissima*

 


Susy del blog I miei magici mondi, mia cara amica e scrittrice mi ha chiesto di farle una domanda da parte sua. Ovviamente spero che le risposte che trova qui siano comunque soddisfacenti per lei e che abbia gradito! Non ho avuto modo di farla ma indirettamente durante la presentazione ha risposto ad una delle sue domande che mi aveva detto: Com’è essere passata da scrittrice self a una di punta della Newton? E lei lo ha semplicemente raccontato assieme ad Alessandra di Pietro quindi riassumerò quanto detto.

Anna Premoli e Alessandra di Pietro: “Inizialmente scrivevo per diletto. Mio marito è sempre stato il mio lettore numero uno. Io non sapevo nulla, mio marito prese il libro e lo pubblicò…” “Ed ha avuto un boom di vendite in poco tempo, quindi è andata bene.” “Si, molto, Non saprei neanche spiegare tutto questo. Poi sono stata notata dalla Newton Compton tramite Raffaello… Pensa che mia madre non sapeva nemmeno che avessi scritto un libro e quando glielo dissi non ci credeva. Adesso tiene tutti i miei libri in fila in bella mostra. Però ha sempre qualche appunto da farmi!”


Spero che possa piacervi come è piaciuta  a me.

E’ stata una persona scherzosa, deliziosa e semplice. E la ringrazio molto per il tempo che mi ha dedicato.

A presto, fatemi sapere che ne pensate!

Sara. ©

INTERVISTA A SALVATORE CARVELLI PER IL MARE D’INVERNO.

BUON POMERIGGIO CARI LETTORI!

Ecco quest’oggi che vi presento l’intervista a Salvatore Carvelli per il libro “Il mare d’inverno”.

Ciao Salvatore, ti ringrazio per il tempo che dedicherai a queste mie domande fin da subito. Ed ora cominciamo con le domande:

  • Dove hai preso l’idea per questa storia? Simone e Paolo sono personaggi di fantasia ovviamente, ma le basi gettate ti sono state dettate ispirandoti, o quanto meno che ricordano qualcuno?

Salvatore: Ci sono storie che hai dentro da molto tempo, troppo tempo, forse da sempre… sono parte di te; e dopotutto, arriva il momento giusto per essere scritte, per essere raccontate. Paolo e Simone erano già in me come io in loro, anima e cuore in un petto comune, in un dolore comune: da sempre conosco la loro vita; era venuto il momento di presentarli a tutti, era venuto il momento di avere il coraggio di farlo…

  • La storia gira intorno a Simone, alle sue paure e le sue delusioni. E i personaggi che lo circondano, la sua famiglia fanno da sfondo in una storia vera. C’è un personaggio in cui ti ritrovi di più e che ti somiglia? E perché?

Salvatore: Simone è un ragazzino fragile, timido, dolce; ama la sua famiglia e soprattutto (incredibile a dirsi) il padre. E vorrebbe ricevere da lui amore e attenzioni: sentimenti che a causa di una sorte avversa gli sono stati sempre negati. Talvolta, i genitori peccano di egoismo, proprio non si accorgono che i figli soffrono, che vorrebbero ricevere, anche se adolescenti, soltanto un po’ più di attenzione, e magari un – Come stai figlio mio? Come è andata oggi? Oppure un – Sei felice? – E poi, perché no? un – Ti voglio bene, sai… –  Di Paolo amo la sua timidezza e la forza d’animo, la sua tenacia nel riconquistare il fratello Simone, oramai perduto in se stesso a causa delle sue troppe paure, delle sue troppe sofferenze… Il mare d’inverno non è soltanto una di quelle storie tristi che leggi e che magari ti fan piangere, Il mare d’inverno è … è vita.

  • Poche descrizioni, il tutto così “Nudo e Crudo”. Volutamente, credo, non sono stati svelati dettagli fisici, o caratteriali dei personaggi abbandonando il lettore a vera e propria immaginazione. Ma come li ha immaginati, Salvatore, i personaggi? Descrivili.

Salvatore: Ho voluto farveli conoscere attraverso il loro cuore e la loro anima, i loro sentimenti, attraverso le loro dolci, amare e forti parole; senza spezzare troppo con aspetti che avrebbero potuto distrarne, se così si può dire e per così dire, l’intensità e l’emotività forti… Ci sono alcuni dettagli del loro aspetto fisico che sono a sufficienza chiari e che mutano durante il racconto, per motivi che scoprirete leggendolo; ma tu puoi immaginare Paolo, Giorgio, Simone o Valentina come delle persone che conosci e più che altro attraverso i sentimenti, quindi accostarli e fisicamente definirli. I luoghi ho voluto per lo più lasciarli all’immaginazione e alle intrinseche conoscenze del lettore: ne viene a conoscenza a somme linee, quindi li crea secondo le sue esperienze, li fa propri e anche li trasforma… Certo, ci sono Milano e Pesaro, ci sono lievi indicazioni di zone a loro proprie; ma sono appunto mappe di massima… Come ho detto là sopra, lì nella prima domanda, io Loro li conosco da sempre: non li ho immaginati, non li ho creati, ma li ho “fatti finalmente uscire dal mio cuore”.

  • “Il mare d’inverno”, un titolo dolce che sembra cullarci fra il pungente gelo dell’inverno e la tranquillità di un mare dolce. Come sei arrivato a questa scelta? E’ stato scritto di getto il titolo del romanzo? Perché proprio il mare in inverno?

Salvatore: Il titolo è l’epilogo di una storia che (uso le tue parole) – che sembra cullarci fra il pungente gelo dell’inverno e la tranquillità di un mare dolce -; anch’esso, come il resto, già era scritto in me… e data la vicenda, non sarebbe potuto essere diverso. 

  • Paolo il buono, il coccolato e Simone lo scontroso, il forte ma desideroso di affetto che talvolta si vede negato. Cosa lega questi due fratelli, a parte il vincolo familiare, così diversi in tutto?

Salvatore: Paolo ha tredici anni, Simone quindici: li lega la malattia (e qui non posso svelare ulteriori dettagli) e l’adolescenza, sebbene quest’ultima sia una lama a doppio taglio che dapprima fende i loro giovani ma potenti cuori…

  • Simone e suo padre hanno un rapporto brusco, schivo privo di sentimenti. Un padre accusatore e assente che rende Simone molto fragile. Ma c’è qualcosa che collega i due personaggi a differenza di altri. Ci sono forse somiglianze fra i due? Giorgio ferisce Simone perché si rivede un po’ in lui?

Salvatore: Giorgio è un uomo sventurato ma soprattutto è un padre egoista. Conquistato dalle inquietudini di uomo superficiale e inetto a fare il suo dovere, non si accorge della sofferenza e del “tormento” di Simone che, dopotutto, vorrebbe soltanto un pochino del suo affetto e parte delle attenzioni che Paolo riceve (anche se non sempre in modo carino) continuamente.

  • La malattia, due fratelli, un padre assente ed una madre premurosa fanno da quadro ad una storia di vita quotidiana, odierna, attuale. Hai battuto su temi caldi e importanti. Hai cercato in qualche modo di trasmettere una tua sensazione / disappunto? Hai descritto qualcosa che ti è capitato o non fa riferimenti alla vita reale?

Salvatore: Tutto quello che scriviamo è tutto ciò che siamo stati, che siamo e che conosciamo. La scrittura non è aliena, è terrena; e laddove possa apparire fantastica, contiene sempre e comunque la vita di chi scrive, di chi legge…  Il mare d’inverno affronta in modo drammatico il tema della solitudine e della sofferenza, soprattutto di un ragazzino che, per tali cause, si ammalerà gravemente… Il mare d’inverno affronta inoltre il tema dell’egoismo, quello dei genitori, anche se Valentina lo è assai meno rispetto a Giorgio, perché è una donna premurosa, coraggiosa, affabile. Riporto qui un passo del romanzo: – Valentina lo guardò perplessa e sgranando gli occhi, come se avesse ascoltato qualcosa di incredibile; però rispose: «Paolo, è solo quando comprendi che il tempo sta per finire davvero, soltanto allora ti accorgi di quante cose avresti voluto fare con i tuoi figli, di quante cose avresti potuto e voluto dirgli. Ma non lo hai fatto. […] Spesso siamo stati così immersi nei nostri dolori, nel nostro egoismo. […] E ora tutto è accaduto d’improvviso, troppo, e tutto troppo in fretta.»

  • E per terminare ecco l’ultima domanda, stai lavorando ad un nuovo romanzo? Continuerai questa storia o la lascerai per dedicarti a qualche altra storia?

Salvatore: Tutto ha una fine, e forse è giusto così, tutto infine annida nei nostri ricordi, nei nostri cuori. Il mare d’inverno è terminato quella sera, lì, su quella triste spiaggia; in quel freddo, ma caldo febbraio… è terminato lì, su quell’ultima riga. Sì, pubblicherò ancora. In primavera uscirà il mio romanzo storico sempre per G. Ladolfi Editore che, a onor del vero, ho scritto e terminato prima; è ambientato durante la seconda guerra mondiale e… vi anticipo una breve sinossi: Il romanzo è incentrato sulle vicende di due amici d’infanzia e delle loro compagne nei drammatici anni della seconda guerra mondiale, a Milano, tra il 1943 e il 1945; Mario, partigiano della Resistenza, e Toni tesserato e milite Fascista. Ideali opposti che finiranno per coniugarsi nell’amor di patria e nella libertà, nell’amicizia, lasciando ampio spazio a riflessioni nelle quali i protagonisti affronteranno il loro stesso essere, il senso di tutto ciò che sono la guerra e il dolore, l’amore e la giustizia, il vivere, il tormentato e complesso vivere. Ah, ricordatevi che scrivo anche poesie e che potete leggere i miei ultimi componimenti in Verso Te, percorso poetico pubblicato a giugno 2016, sempre con Ladolfi Editore. Grazie a tutti, di cuore. Grazie infinite a Sara Fabiani.

– Nello scrigno infinito dei secoli v’è custodito il prezioso tempo d’ognuno. E io vi ringrazio per quello che dedicherete a questa intervista, al Il mare d’inverno e al suo umile autore…

Ciao.

  • Ciao e Grazie a te Salvatore!

Potete trovare la recensione del libro di Salvatore Carvelli “Il mare d’inverno” QUI ! Che ne pensate?

Alla prossima,

Sara. ©

INTERVISTA A ELLE CARUSO PER LEGGERE ITALIANO BT.

BUON POMERIGGIO CARI LETTORI!

Oggi sono a pranzo dalla mia cara amica La lettrice in soffitta ma non mi sono dimenticata di voi! Ecco che per voi quest’oggi abbiamo l’ultima mia tappa del Blogtour di LEGGERE ITALIANO BT.

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Ma il BT ancora non è terminato, non temete!!!

Quest’oggi ci sarà l’intervista a Elle Caruso per il suo libro Emerald Gloom.emerald-gloom-9788892560079.jpg
Ecco qui per voi:

Innanzi tutto ti ringrazio per la disponibilità e la cortesia, adesso parto con le domande.

Sara: “Emerald Gloom” è Tenebra color smeraldo. Probabilmente – di sicuro – la traduzione letterale. Ma ciò che mi sono domandata spesso è il perché della scelta di questo nome così singolare. Da dove hai trovato l’ispirazione per questo nome? E perché?

Elle: Il nome “Emerald Gloom” è nato un po’ per caso, e inizialmente non avevo neanche pensato di utilizzarlo come titolo del romanzo, ma soltanto come nome della band. Cercavo un nome suggestivo da dare al gruppo, un nome che avesse un significato importante, così ho preso ispirazione proprio dalla storia del mio protagonista: per Aaron comporre musica diventa un vero e proprio bisogno nel momento in cui deve riempire il vuoto, la tenebra, lasciata dalla morte della madre, e da qui il termine “gloom”. La scelta poi di associare a questa tenebra il colore smeraldo è nata perché, come spiego anche nel libro, Aaron associa quel colore a quello degli occhi di sua madre. In realtà, però, il nome vuole anche essere un omaggio alla città di Seattle, che è appunto soprannominata “Emerald City”.


Sara: Il tutto gira attorno ad Aaron Clark, la sua forza, le sue paure e la sua musica. Ma tanti sono i personaggi che lo circondano e che sono ben descritti, ben interpretati e ben strutturati, potendo distinguerli definendo ogni rapporto con cura. C’è un personaggio in cui ti identifichi? E perché?

Elle: Ho lavorato tanto su tutti i personaggi perché ci tenevo che avessero un’identità ben definita e non fossero solo delle “comparse” all’interno del romanzo, e devo dire che sono molto soddisfatta del risultato che ho ottenuto. Per quanto mi riguarda, io mi identifico molto in Aaron, anche perché per creare questo personaggio mi sono in parte ispirata a me stessa. La storia ovviamente è del tutto inventata, ma soprattutto per quanto riguarda il carattere Aaron mi somiglia molto: sono anche io abbastanza introversa e chiusa nel mio mondo, sono troppo sensibile e ho l’ossessione dell’ordine e del tempo, oltre che gli stessi gusti musicali. Inoltre ho anche io un mio lato artistico, solo che mi esprimo con la scrittura invece che con la musica.


Sara: Il fatto che i sogni del protagonista fossero quasi un’esistenza parallela mi hanno molto affascinato, è stata una storia davvero sorprendente. Da dove hai preso ispirazione per questa storia così surreale? Cosa ti ha spinto a provare quest’esperienza di scrittura così particolare?

Elle: L’ispirazione è nata quasi dal nulla. Quando mi vengono delle idee per nuove storie da scrivere, di solito mi limito ad appuntarle per poi lavorarci in seguito. La sera in cui ho avuto l’ispirazione per scrivere questo romanzo, però, non riuscivo quasi più a prendere sonno per l’entusiasmo, ero euforica. Naturalmente l’idea sorta in quel momento era allo stato grezzo: un ragazzo incontra una ragazza sconosciuta in un sogno, questi incontri “onirici” si ripetono sempre più spesso finché il ragazzo non decide di cercare questa ragazza anche nella realtà. Tutto il resto, la caratterizzazione dei personaggi, la trama, la musica, l’ambientazione, è venuto in seguito. Sapevo solo che volevo scrivere un romanzo che camminasse su questo doppio filo parallelo di un’esistenza reale e di una onirica. In quel periodo, tra l’altro, stavo ancora lavorando al mio primo romanzo, quindi ho iniziato a scrivere Emerald Gloom solo molti mesi più tardi, ma a quel punto avevo già le idee abbastanza chiare sull’impostazione che volevo dare alla storia.


Sara: Per Aaron Clark, Florence è salvezza, dolcezza e amore ma anche insicurezza, fragilità, scoperta e delusione. Tante cose assieme che rendono Aaron a tratti instabile e insicuro. Ma per te cosa ha significato la figura di Florence?

Elle: Florence è esattamente ciò che appare nel corso del romanzo: un’incognita, un mistero, proprio come lo è a volte l’amore. Aaron ha paura di innamorarsi proprio perché crede che l’amore renda più fragili, più esposti al pericolo di farsi male emotivamente, ma quando incontra Florence si rende conto che nell’amore c’è molto di più, salvezza (come tu ben dici), consolazione e persino felicità. Ecco, la figura di Florence per me è un po’ l’emblema di questa doppia natura non solo dell’amore, ma anche dei sentimenti in generale. Inoltre c’è da dire che nonostante questa ragazza sia tutt’altro che perfetta, perché commette errori come chiunque altro, perché ha mille debolezze e sta vivendo un momento di completo smarrimento, tuttavia Florence risulta perfetta per Aaron, per il suo modo di essere e di vivere, forse altrettanto imperfetto. Questa coppia è il mio modo di affermare che anche se non esistono persone perfette in generale, forse esistono persone perfette le une per le altre, ecco.


Sara: La musica è l’elemento centrale del romanzo oltre che per la vita del protagonista Aaron Clark. La scelta è stata alquanto singolare nei gusti e in tutti i particolari utilizzati all’interno del romanzo stesso. Riflette un gusto personale dell’autrice? Hai dato al personaggio i tuoi tratti musicali o è del tutto indipendente da te?

 Sì, la scelta della musica che accompagna il romanzo rispecchia assolutamente i miei gusti personali, e anche i tratti musicali dei personaggi ricalcano i miei. Sono molto appassionata di musica grunge, rock e metal e, naturalmente, amo i Nirvana: sono il mio gruppo preferito e ho una vera e propria adorazione per Kurt Cobain, e questo spiega anche perché nel libro ci siano così tanti riferimenti a questa band e perché Cobain sia il modello di Aaron.


Sara: Salinger è stata una figura molto importante per il protagonista. E questo richiede l’uso della “scienza onirica” se così si definisce. E’ una passione che coltivi o hai dovuto informarti e studiare per scendere in determinati particolari?

Elle: Ho da sempre un interesse particolare per la psicologia (da adolescente avevo persino deciso di studiarla all’università, poi ho malauguratamente cambiato idea) e ho letto diversi libri di Freud che mi hanno aiutata con il personaggio di Salinger. Per quanto riguarda la “scienza onirica”, soprattutto sull’onironautica, ho letto molto e fatto un sacco di ricerche, ma trattandosi pur sempre di una pseudoscienza per alcuni argomenti mi sono anche basata su delle ipotesi.


Sara: Il romanzo non ha momenti salienti particolari. Hai mantenuto una longilinea storia per tutto il tempo mentre molte storie tendono ad avere più eventi salienti. E’ raro trovarne di questo genere che non cadano poi nel noioso o nel banale. Ma non è stato questo il tuo caso. E’ stata una scelta voluta non manifestare eventi o cambiamenti troppo repentini? E’ stato difficile affrontare tutto questo?

Elle: Sì, dare al romanzo questa impostazione è stata una mia scelta, dettata principalmente da due motivi. Innanzitutto volevo che il mistero legato a Florence apparisse come una sorta di puzzle, in cui i pezzi vanno man mano aggiungendosi fino a formare un quadro finale completo. Il secondo motivo, nonché il più importante, è che nel corso dell’intero romanzo si assiste a una trasformazione graduale, ma al contempo drastica, del personaggio di Aaron, che intraprende un vero e proprio percorso di crescita personale ed emotiva. In realtà, valutando l’Aaron che troviamo all’inizio del romanzo con quello della fine, si nota che il cambiamento è avvenuto eccome, e che è stato impercettibile ma tuttavia molto profondo. Sinceramente non so dirti se sia stato difficile, perché mi sono basata molto sull’istinto per decidere come procedere. Più che altro, vista la complessità della trama, la cosa che mi preoccupava di più era che ciò che stessi scrivendo avesse una logica e fosse coerente con tutto il resto.


Sara: I tatuaggi sono un altro elemento importante che unisce tutti i personaggi. Aaron, Nate, Chandler, persino sua sorella Ally. C’è un tatuaggio che unisce anche te a tutto questo? Uno che hai o che vorresti avere?

Elle: I tatuaggi sono un’altra delle mie grandi passioni che ho inserito all’interno del romanzo, per questo ho dato loro così tanta rilevanza (avrai notato che anche in copertina ne compare uno!). E sì, anche io ho un tatuaggio in qualche modo legato al libro. Si tratta di un verso della canzone Dumb dei Nirvana, che è anche la prima canzone che compare nel romanzo: “The sun is gone but I have a light”. Ho attribuito a questa frase un significato personale, legato in generale alla mia passione per la scrittura e in particolar modo a questo romanzo al quale sono molto legata.


Sara: Ed ora siamo giunti al termine: Il perno centrale è la musica, I Nirvana e gli Emerald Gloom, la passione, il grunge che culla la storia e la rende speciale. Ma c’è un’altra cosa su cui ruota tutto il romanzo. Il passato, il rimorso e il dolore. La madre di Aaron era una figura importante per lui e la vede molto più simile a sua sorella che a sé. Potresti descrivercela?

Elle: Nel libro noi conosciamo Grace soltanto attraverso gli occhi di Aaron. Di lei sappiamo che era una madre amorevole, una donna vivace e piena di vita, devota alla sua famiglia e appassionata del suo lavoro. Come ho anche detto nella precedente intervista, però, la sua figura resta sempre volutamente sfocata, quasi inavvicinabile, per via del fatto che nei ricordi di Aaron lei appare come una persona priva di difetti, quasi un essere perfetto. Allo stesso modo Aaron idealizza un po’ anche l’immagine della sorella, che per lui è sempre quella che fa la cosa giusta, quella più forte, “la metà buona del suo cuore”, come lui stesso la definisce nel libro.


Sara: Con questo termino le mie domande e ti ringrazio per la disponibilità e cortesia. Sarei curiosa se ci sarà mai un continuo o qualche altro tuo lavoro.

Elle: Sono io che ringrazio te per la collaborazione e per la bella intervista, le tue domande mi sono piaciute un sacco e mi hanno dato la possibilità di approfondire meglio alcuni aspetti del libro. Posso dirti con certezza che Emerald Gloom non avrà un seguito, perché il romanzo è concluso così com’è e qualunque aggiunta mi sembrerebbe di troppo. In compenso sto scrivendo altri due romanzi, un fantasy young adult e un romance contemporaneo molto particolare. Confido che uno dei due riesca a vedere la luce entro la prima metà del prossimo anno. Ti abbraccio, alla prossima!

Sara: Un abbraccio, Sara.


Vi è piaciuto? Cosa ne pensate? Io l’ho trovata interessante e creativa. Succulenta di risposte e piena di cose belle da scoprire, no?

Potete trovare la recensione del libro QUI e il relativo GiveawaQui.

Con questo vi saluto e vi auguro una buona domenica!

Alla prossima,

Sara. ©